Mi chiamo Argilia e sono nata a Burano-Cavallino il 2 gennaio del 1924. Mio padre era un “giovane del 1899” mandato in guerra, al fronte nel 1915-18. Lui tornò a casa per fortuna, da allora di fatti in questa regione ne sono successi anche troppi.
Non vorrei raccontarle tutta la mia vita, ma cerco di fare un ragionamento logico. Ho sempre lavorato per la mia famiglia fino all’ età di 70 anni,poi sono andata in pensione. Percepisco circa 600 euro mensili di pensione, più qualche altro centinaio di reversibilità per il mio defunto marito e vivo in una casa in comodato gratuito. Sono sempre stata bene di salute e oggi alla soglia dei 95 anni, purtroppo comincio a sentire qualche acciacco più o meno forte.
Quando si sta bene non ci preoccupiamo della salute, anzi sento sempre parlare della sanità veneta, il fiore all’occhiello di questo paese chiamato Italia. Io onestamente mi sento veneta, però le vorrei raccontare in poche righe la mia disavventura sulla tanto decantata sanità Veneta.
Qualche settimana fa, esattamente l'11 giugno, ho dovuto farmi portare al pronto soccorso di Jesolo perché avevo dei forti dolori all’addome e alla schiena da non reggermi in piedi, dolori che non mi facevano dormire neanche di notte, ma la cosa più grave era che non riuscivo ad evacuare.
Misono presentata in compagnia di mia figlia al pronto Soccorso di Jesolo dove mi hanno fatto le analisi del sangue, i raggi alla schiena, un clistere, una flebo e poi dopo qualche ora mi hanno dimesso consigliandomi una visita dal fisiatra, cosa che ho fatto. Prenotazione della visita per il 2 luglio u.s.
Purtroppo, lei non lo sa, ma ad una certa età le cose peggiorano invece di andar meglio, se non curate per tempo. Mi pare di aver sentito che qualche tempo fa un politico disse: gli italiani non muoiono mai. Io spero onestamente di vivere ancora a lungo, alla faccia del politico.
E allora, nel frattempo, poichè stavo male, domenica scorsa verso le 17, accompagnata un’altra volta da mia figlia, mi sono ripresentata al pronto soccorso di Jesolo per forti dolori all’addome.
Diciamo che l’accoglienza ha sempre la sua parte, specialmente in ospedale, dove la gente va perchè di solito sta male, qualche volta ci vorrebbe un po’ più umanità? Ad ogni modo chi era all’accoglienza una volta che mi sono presentata al desk, riferisce a mia figlia che avrebbe dovuto andare dal proprio medico, (cosa che avevo già fatto visto che avevo in mano la richiesta di un ricovero) e non al pronto soccorso. Inoltresi sarebbe dovuto pagare il ticket, e qui sorvolo. Il ticket? Cioè, nel Veneto paghiamo sempre un ticket.
Ad ogni modo mia figlia insistendo fa capire che avevo bisogno di aiuto e dopo gli ennesimi controlli emerge una forte disidratazione, così la dottoressa di turno mi dice: lei non può tornare a casa in queste condizioni, visto peraltro che c'è anche una richiesta di ricovero. Vengo ricoverata in astanteria, arriva una bella flebo, ma mi si dice che di posti letto non ce ne sono, ma sicuramente per il giorno dopo se ne troverà uno: i famosi tagli alla Sanità, tagliare è anche morire, non crede?
Comunque passo una notte in astanteria, con la speranza di trovare un posto letto per il giorno dopo, non le voglio raccontare i miei dolori, non li auguro a nessuno, d’altronde sono una che ha visto la guerra e anche la fame e di sacrifici nella mia vita, ne ho fatti tantissimi. E oggi sono qui per essere curata dalla sanità “ Veneta”. Niente da fare mi faccio la prima notte assistita da mia figlia, Stefania, e anche la seconda assistita da mio figlio Claudio…. 41 ore senza nessuna cura medica... In attesa... Solo le infermiere venivano ogni tanto a chiedere se stavo bene e se era tutto a posto...
Martedì u.s. verso le undici arriva la notizia che il posto letto è stato trovato e accompagnata in ambulanza, finalmente sono stata ricoverata in una struttura , la Casa di cura Rizzola di San Donà, e qui ho trovato quello che avrei dovuto trovare nella sanità pubblica: l’umanità.
Adesso speriamo che mi vengano fatte le cure opportune, sperando di tornarmene a casa sana e salva.